L’amnesia della composizione formale

Autori

  • Chiara Simoncini Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze

DOI:

https://doi.org/10.26375/disegno.13.2023.19

Parole chiave:

memoria, composizione formale, rito, composizione digitale

Abstract

Se il disegno è da sempre stato strumento di espressione del processo ideativo progettuale, con la strenua ricerca di una sintesi, volta all’accelerazione dei tempi necessari, permessa dall’introduzione digitale, si è sempre più persa la capacità di elaborazione integrata dell’idea, dando vita ad ipotesi parzialmente sterili, prive di quel mondo di forme e di ricerca di forma, che costituiscono il vero progetto architettonico e spaziale.

Ritornano alla mente i disegni di Aldo Rossi, dove una caffettiera sapeva divenire, da oggetto must, come diremmo oggi, del rituale domestico, casa, ma anche torre, affaccio o ancora parte di quello che egli stesso definiva “il teatro domestico”, dove le forme pure sapevano combinarsi a creare, con dimensioni non coincidenti con la realtà, semplici oggetti di uso comune, che sapevano però divenire grandi elementi di arredo degli spazi interni. Ci siamo così ridotti a non saper più comporre, ma a cercare elaborazioni sofisticate di volumi che cadono in un amore per la complicazione, più che in una semplificazione che la realtà odierna richiederebbe.
Ma se il mondo digitale si può ‘piegare’ alla volontà ideativa perché non possiamo integrarlo anziché sostituirlo con ciò che è effettivamente il progetto, inteso come processo di indagine?

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Pubblicato

2023-12-31

Come citare

[1]
C. Simoncini, «L’amnesia della composizione formale», diségno, n. 13, pagg. 173–182, dic. 2023.