I Maestri della visione. Dalla scienza visionaria alle suggestioni visive
DOI:
https://doi.org/10.26375/disegno.9.2021.11Parole chiave:
geometrie non euclidee, topologia, figure impossibili, Möbius, Penrose, EscherAbstract
Gli studi di Isaac Newton, nel XVII secolo, pongono i fondamenti della fisica classica. Nel XIX secolo, però, alcune teorie mettono in dubbio la fisica newtoniana, il cui punto debole deriva dall’applicazione di concetti di geometria euclidea a uno spazio che poteva non esserlo. Nel 1817 Gauss, durante i suoi studi sul V postulato, avanza l’ipotesi che per un punto esterno a una retta sia possibile tracciarne più di una a essa parallela. Così pone le premesse della geometria non-euclidea.
Nel 1884 Abbott pubblica il romanzo Flatland, in cui ipotizza uno spazio a più dimensioni. Il dibattito culturale si apre così a espressioni artistiche visionarie, derivate da concezioni scientifiche altrettanto ‘eversive’. Non vanno trascurati anche gli studi di Poincaré che condurranno allo spazio topologico. Tali suggestioni sono anticipate da Möbius, nel 1858, con le superfici a una sola faccia.
L’abbattimento dei dogmi newtoniani si intreccia anche con gli studi sulla percezione. Si giunge, così, alle “figure impossibili” di Reutersvär e di Lionel e Roger Penrose. Negli stessi anni, la passione per le sperimentazioni percettive viene condivisa anche da Escher. Il paper mira a evidenziare il rapporto tra arte e scienza che, tra XIX e XX secolo, trovano una comune ispirazione ‘visionaria’. Tali
percorsi spesso si intrecciano, a volte l’uno anticipa l’altro, ma insieme contribuiranno ad aprire varchi che segneranno l’evoluzione del pensiero e dell’arte.
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